Lettera ai Colossesi 2:1-23

2  Voglio infatti che sappiate quale dura lotta sto sostenendo per voi, per quelli di Laodicèa+ e per tutti quelli che non mi hanno mai visto di persona.  L’obiettivo dei miei sforzi è che i loro cuori siano consolati,+ che loro siano armoniosamente uniti nell’amore,+ che abbiano tutta la ricchezza che deriva dalla piena certezza di aver compreso la verità e che arrivino all’accurata conoscenza del sacro segreto di Dio, cioè Cristo.+  In lui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza.+  Dico questo affinché nessuno vi inganni con argomentazioni seducenti.  Anche se con il corpo sono lontano, sono con voi nello spirito, e sono felice di vedere il vostro ordine+ e la solidità della vostra fede in Cristo.+  Perciò, come avete accettato Cristo Gesù il Signore, continuate a camminare uniti a lui,+  ben radicati in lui, edificati su di lui,+ saldi nella fede+ come vi è stato insegnato, traboccando di espressioni di gratitudine.+  State attenti che nessuno vi prenda in trappola servendosi della filosofia e di vuoti inganni+ fondati sulle tradizioni umane, sui princìpi basilari del mondo,+ e non su Cristo;  è in lui, infatti, che risiede corporalmente tutta la pienezza dell’essenza divina.+ 10  E voi avete acquisito la pienezza mediante lui, che è il capo di ogni governo e autorità.+ 11  A motivo della vostra relazione con lui siete anche stati circoncisi, non con una circoncisione praticata da mani umane, ma con la circoncisione del Cristo,+ che consiste nello spogliarsi del corpo carnale.+ 12  Infatti siete stati sepolti con lui nel suo battesimo,+ e a motivo della vostra relazione con lui siete anche stati risuscitati+ insieme a lui grazie alla vostra fede nella potente azione di Dio, il quale lo ha risuscitato dai morti.+ 13  Inoltre, anche se eravate morti a causa delle vostre colpe e dell’incirconcisione della vostra carne, Dio vi ha dato vita insieme a lui.+ Egli ci ha benevolmente perdonato tutte le nostre colpe+ 14  e ha cancellato il documento scritto+ contro di noi che consisteva in decreti+ e ci era ostile;+ lo ha tolto di mezzo inchiodandolo al palo di tortura.+ 15  Per mezzo d’esso ha spogliato i governi e le autorità e ha mostrato pubblicamente la loro sconfitta+ conducendoli in un corteo trionfale. 16  Perciò nessuno vi giudichi per quello che mangiate o bevete+ o riguardo all’osservanza di feste, lune nuove+ o Sabati.+ 17  Queste cose sono un’ombra di quelle future,+ ma la realtà* appartiene al Cristo.+ 18  Non fatevi privare del premio+ da chi prova piacere nella finta umiltà e nell’adorazione degli angeli e insiste sulle cose che ha visto. Questa gente è gonfia d’orgoglio senza ragione a causa della propria mentalità carnale, 19  e non si tiene stretta al capo,+ colui grazie al quale tutto il corpo, nutrito e tenuto armoniosamente insieme mediante giunture e legamenti, continua a crescere con la crescita che viene da Dio.+ 20  Se siete morti insieme a Cristo rispetto ai princìpi basilari del mondo,+ perché vivete come se faceste ancora parte del mondo? Voi continuate a sottostare ai decreti+ che vi impongono di 21  “non prendere, non assaggiare, non toccare”, 22  riferendosi a cose che con l’uso scompaiono. Questi sono comandi e insegnamenti di uomini.+ 23  Tali cose, pur avendo una parvenza di sapienza con questa autoimposta forma di adorazione, questa finta umiltà e questa mortificazione del corpo,+ non sono di nessun valore nel combattere i desideri della carne.

Note in calce

O “sostanza”. Lett. “corpo”.

Approfondimenti

nessuno Nell’espressione originale, che potrebbe essere letteralmente tradotta “nessuna carne”, compare il termine greco sàrx, che qui si riferisce a un essere umano, un essere vivente in carne e ossa. (Vedi approfondimenti a Gv 3:6; 17:2.)

Laodicea Laodicea era una ricca città dell’Asia Minore occidentale (nei pressi dell’odierna Denizli, in Turchia) che distava circa 18 km da Colosse e circa 150 km da Efeso. (Vedi App. B13.) Era situata nella fertile valle del fiume Lico, nel punto d’incontro di importanti carovaniere. Questo versetto fa capire che Paolo non vi aveva predicato la buona notizia. Eppure il messaggio del Regno aveva raggiunto la zona (At 19:10) ed era stata formata una congregazione sia a Laodicea che nelle vicine Colosse e Ierapoli (Col 4:13, 15, 16). Le Scritture menzionano la città di Laodicea solo nei libri di Colossesi e Rivelazione (Ri 1:11; 3:14).

non mi hanno mai visto di persona Lett. “non hanno visto la mia faccia nella carne”. (Vedi approfondimento a Ro 3:20.)

sacri segreti Nella Traduzione del Nuovo Mondo il termine greco mystèrion è reso 25 volte con l’espressione “sacro segreto”. Qui è al plurale e si riferisce agli aspetti del proposito di Dio che non vengono rivelati finché lui non decide di renderli noti. A quel punto vengono pienamente svelati soltanto a coloro che sono stati scelti perché li comprendano (Col 1:25, 26). Una volta rivelati, i sacri segreti di Dio vengono diffusi nella maniera più ampia possibile. Lo si può capire dal fatto che al “sacro segreto” la Bibbia associa termini o espressioni come “annunciare”, “far conoscere”, “predicare pienamente”, “rivelare” (1Co 2:1; Ef 1:9; 3:3; Col 1:25, 26; 4:3). Il principale “sacro segreto di Dio” si concentra sull’identificazione della “discendenza” promessa, il Messia (Col 2:2; Gen 3:15). Questo sacro segreto, comunque, ha più sfaccettature e include il ruolo affidato a Gesù nel proposito di Dio (Col 4:3). Come mostrò Gesù in questa occasione, i “sacri segreti” hanno a che fare con il Regno dei cieli, o “Regno di Dio”, il governo celeste in cui Gesù ricopre il ruolo di Re (Mr 4:11; Lu 8:10; vedi approfondimento a Mt 3:2). Nelle Scritture Greche Cristiane si fa un uso del termine mystèrion diverso da quello comune alle antiche religioni misteriche. Queste religioni, spesso incentrate sui culti della fertilità che nel I secolo avevano ampia diffusione, promettevano che tramite rituali mistici i loro adepti avrebbero ottenuto l’immortalità, la rivelazione diretta e la comunione con le divinità. È chiaro che il contenuto di quei segreti non si basava sulla verità. Gli iniziati alle religioni misteriche facevano voto di tenere per sé i segreti, lasciandoli avvolti in un alone di mistero, il che era in netto contrasto con la proclamazione dei sacri segreti che avveniva nel cristianesimo. Quando nelle Scritture è usato in relazione alla falsa adorazione, mystèrion è reso “mistero” nella Traduzione del Nuovo Mondo (2Ts 2:7; Ri 17:5, 7).

sapienza di Dio espressa in un sacro segreto L’espressione si riferisce a ciò che Dio ha saggiamente stabilito di fare per porre fine alla ribellione iniziata nell’Eden e per portare pace e unità a livello universale. (Vedi Glossario, “sacro segreto”.) Il “sacro segreto” (in greco mystèrion; vedi approfondimento a Mt 13:11) iniziò a essere rivelato con la profezia di Geova riportata in Gen 3:15. Questo “sacro segreto” si incentra su Gesù Cristo (Ef 1:9, 10; Col 2:2) e riguarda la sua identità quale discendente promesso, o Messia, e la sua posizione nel Regno di Dio (Mt 13:11); include anche la scelta degli unti (sia tra ebrei che non ebrei), che insieme a Cristo avrebbero ereditato il Regno (Lu 22:29, 30; Ro 11:25; Ef 3:3-6; Col 1:26, 27), e la natura del tutto unica di questa congregazione composta da 144.000 “comprati fra gli uomini come primizie per Dio e per l’Agnello” (Ri 14:1, 4). Queste sfaccettature possono essere colte solo da coloro che studiano in modo accurato le Scritture.

il sacro segreto della sua volontà L’espressione “sacro segreto” compare svariate volte nella lettera agli Efesini. Generalmente parlando, il “sacro segreto” di Geova si incentra su Gesù Cristo (Col 2:2; 4:3). Ha comunque molte sfaccettature, che riguardano ad esempio: l’identità di Gesù quale discendente promesso, o Messia, e la posizione che ricopre nel proposito di Dio (Gen 3:15); un governo celeste, il messianico Regno di Dio (Mt 13:11; Mr 4:11); la congregazione dei cristiani unti con lo spirito, di cui Cristo è capo (Ef 5:32; Col 1:18; Ri 1:20); il ruolo di questi unti, che con Gesù avrebbero ereditato il Regno (Lu 22:29, 30); la scelta degli unti non solo tra ebrei ma anche tra non ebrei (Ro 11:25; Ef 3:3-6; Col 1:26, 27). (Vedi approfondimenti a Mt 13:11; 1Co 2:7.)

sacro segreto di Dio, cioè Cristo Il sacro segreto di Dio si incentra su quello che Paolo chiama “il sacro segreto del Cristo” (Col 4:3). Questo sacro segreto ha comunque molte sfaccettature. (Vedi approfondimenti a Mt 13:11; 1Co 2:7; Ef 1:9.)

In lui sono nascosti Dato l’importante ruolo che Geova Dio ha affidato a suo Figlio nell’attuazione dei suoi propositi, si può dire che tutti i tesori della sapienza e della conoscenza sono nascosti in lui. Il fatto che questa sapienza e questa conoscenza così preziose siano nascoste non vuol dire che siano al di là della comprensione umana. Nello stesso tempo, comunque, per capire il vero significato delle Scritture bisogna esercitare fede in Gesù Cristo quale Figlio di Dio (Mt 13:11). Gli insegnamenti di Gesù aprirono la mente dei suoi discepoli perché potessero imparare meravigliose verità mai comprese prima, come ad esempio il modo in cui la sua vita e il suo ministero adempivano le profezie bibliche (Lu 24:25-27, 32). Gesù inoltre rivelò Dio agli esseri umani aiutandoli a conoscerlo meglio di quanto non l’avessero mai conosciuto (Lu 10:22). Visto che è il suo Figlio primogenito, Gesù conosce il Padre e il suo modo di agire meglio di chiunque altro (Col 1:15, 16, 18).

Siate ben radicati e solidamente poggiati sul fondamento Paolo usa queste due metafore, come fa anche altrove in Efesini (Ef 2:20-22; 4:16), per trasmettere un concetto importante: il cristiano dovrebbe essere stabile come un albero che è ben radicato nel terreno e solido come un edificio che poggia su buone fondamenta. In Col 2:6, 7 ricorre a un’immagine simile quando esorta a essere “ben radicati in [Cristo Gesù], edificati su di lui”. Inoltre, in 1Co 3:11 parla di un progetto di costruzione spirituale e paragona Gesù a un “fondamento”. (Vedi approfondimento a 1Co 3:10.) Per essere spiritualmente ben radicati e solidi, gli efesini dovevano studiare con attenzione la Parola di Dio, in particolar modo la vita e gli insegnamenti di Gesù (Ef 3:18; Eb 5:12). Questo a sua volta li avrebbe aiutati a stringere un forte legame con Geova (Gv 14:9).

ben radicati in lui Cioè in Gesù Cristo. In questo versetto Paolo usa tre espressioni metaforiche per spiegare in che modo i cristiani dovrebbero “[continuare] a camminare uniti a” Cristo (Col 2:6). Con questa prima espressione Paolo sottolinea che il cristiano dovrebbe essere stabile come un albero dalle radici robuste e profonde. (Vedi approfondimento a Ef 3:17.)

edificati su di lui Cioè su Gesù Cristo. Con questa espressione metaforica Paolo sottolinea che il cristiano dovrebbe essere stabile come un edificio che poggia su solide fondamenta. (Vedi approfondimento a Ef 3:17.)

saldi nella fede Questa è la terza espressione usata per spiegare in che modo i cristiani dovrebbero “[continuare] a camminare uniti a” Cristo (Col 2:6). Dopo aver attinto al mondo dell’agricoltura (“ben radicati”) e dell’architettura (“edificati”), Paolo ricorre ora a un’espressione che si rifà all’ambito commerciale e legale. Il verbo greco qui reso “saldi”, che può significare “garantire” o “assicurare”, ha un’accezione legale ed è anche tradotto “confermare”, “rendere saldo” (Ro 15:8; 1Co 1:8; 2Co 1:21). L’espressione del versetto è stata anche resa “confermati nella fede”. Nella sua lettera ai Filippesi, Paolo usa un sostantivo greco affine quando parla di “far riconoscere legalmente” la buona notizia (Flp 1:7). Man mano che conoscono sempre meglio Dio, i cristiani acquisiscono ulteriori ragioni a conferma del fatto che la loro fede è ben fondata.

Siate ben radicati e solidamente poggiati sul fondamento Paolo usa queste due metafore, come fa anche altrove in Efesini (Ef 2:20-22; 4:16), per trasmettere un concetto importante: il cristiano dovrebbe essere stabile come un albero che è ben radicato nel terreno e solido come un edificio che poggia su buone fondamenta. In Col 2:6, 7 ricorre a un’immagine simile quando esorta a essere “ben radicati in [Cristo Gesù], edificati su di lui”. Inoltre, in 1Co 3:11 parla di un progetto di costruzione spirituale e paragona Gesù a un “fondamento”. (Vedi approfondimento a 1Co 3:10.) Per essere spiritualmente ben radicati e solidi, gli efesini dovevano studiare con attenzione la Parola di Dio, in particolar modo la vita e gli insegnamenti di Gesù (Ef 3:18; Eb 5:12). Questo a sua volta li avrebbe aiutati a stringere un forte legame con Geova (Gv 14:9).

vi prenda in trappola O “vi porti via come sua preda”. Il verbo greco qui presente significa “saccheggiare”, “depredare”. Un commentario spiega che l’espressione ha il senso di “allontanare dalla verità e ridurre schiavi dell’errore” (Dizionario Esegetico del Nuovo Testamento, a cura di H. Balz e G. Schneider, ed. italiana a cura di O. Soffritti, Paideia, Brescia, 1998, vol. 2, col. 1441).

filosofia Il termine originale, che ricorre solo qui nelle Scritture Greche Cristiane, è composto da fìlos, che significa “amore”, e sofìa, “sapienza”; quindi alla lettera significa “amore della sapienza”. Ai tempi di Paolo aveva un ampio uso. Si riferiva in genere a molti gruppi e scuole di pensiero, anche di carattere religioso. Nell’unico dialogo riportato nelle Scritture tra Paolo e alcuni filosofi greci, la conversazione verté su temi religiosi (At 17:18-31). Nella parte orientale dell’impero romano, dove si trovava Colosse, erano attive varie scuole filosofiche. Il contesto e la costruzione grammaticale di Col 2:8 indicano che Paolo era particolarmente preoccupato a motivo dei giudaizzanti, i quali promuovevano lo scrupoloso rispetto della Legge mosaica, che imponeva la circoncisione, l’osservanza di giorni festivi e l’astinenza da certi cibi (Col 2:11, 16, 17).

inganni O “raggiri”, “seduzione”. Il termine greco usato qui è tradotto anche “fascino ingannevole” (Mt 13:22; Eb 3:13) e “insegnamenti ingannevoli” (2Pt 2:13).

princìpi basilari del mondo Paolo usa la stessa espressione nella lettera ai Galati. (Vedi approfondimento a Gal 4:3.)

non su Cristo La filosofia menzionata da Paolo era di origine umana. L’apostolo non era contrario alla vera conoscenza; infatti aveva pregato che i cristiani di Colosse abbondassero “dell’accurata conoscenza della [...] volontà” di Dio. Ma, come spiega, chi vuole ottenere questa conoscenza e la vera sapienza deve comprendere e apprezzare il ruolo di Gesù Cristo nell’attuazione del proposito di Dio (Col 1:9, 10; 2:2, 3).

princìpi basilari In genere questa espressione si riferisce ai rudimenti, ai princìpi elementari, di qualcosa. Per esempio la parola originale veniva usata per indicare i singoli suoni e le singole lettere dell’alfabeto greco, gli elementi fondamentali che formavano le parole. Paolo la utilizza qui e in Col 2:8, 20 in modo negativo per riferirsi agli elementi fondamentali del mondo, cioè l’umanità lontana da Dio. Tra questi potevano esserci (1) filosofie che si basavano su ragionamenti umani e miti (Col 2:8), (2) insegnamenti giudaici non scritturali che promuovevano l’ascetismo e l’“adorazione degli angeli” (Col 2:18), e (3) l’idea secondo cui i cristiani dovessero osservare la Legge mosaica per essere salvati (Gal 4:4–5:4; Col 2:16, 17). I cristiani della Galazia non avevano bisogno di questi “princìpi basilari”: il loro modo di adorare, che si basava sulla fede in Cristo Gesù, era superiore. Non dovevano essere come bambini, schiavi dei princìpi basilari, cosa che invece facevano sottoponendosi volontariamente alla Legge mosaica, paragonata da Paolo a un tutore (Gal 3:23-26). Quei cristiani dovevano piuttosto avere con il loro Padre, Dio, un rapporto simile a quello che un figlio adulto ha con il proprio padre. Di certo non dovevano ritornare a osservare la Legge, né alcuno dei “deboli e miseri princìpi basilari” promossi da quelli che non seguivano Cristo (Gal 4:9).

è in lui [...] che risiede corporalmente tutta la pienezza dell’essenza divina Il contesto indica che il fatto che in Gesù Cristo risieda questa “essenza divina”, o qualità divina, non lo rende uguale a Dio Onnipotente, come sostengono alcuni. Nel capitolo precedente Paolo afferma: “A Dio infatti è piaciuto di far dimorare in lui [cioè in Cristo] tutta la pienezza” (Col 1:19). Perciò è dal Padre che Cristo ha ricevuto “la pienezza dell’essenza divina”. In Col 1:15 Paolo dice che Gesù è “l’immagine dell’Iddio invisibile”, non è Dio stesso. Col 1:19-22 parla della riconciliazione che Dio rende possibile per mezzo di Cristo, e Col 2:12 spiega che Dio lo ha risuscitato dai morti. Inoltre poco più avanti Paolo aggiunge che “Cristo è seduto alla destra di Dio” (Col 3:1). Dai versetti menzionati si comprende quindi che godere di questa “pienezza” non rende Gesù Cristo identico a Dio, l’Onnipotente; i due non sono la stessa persona.

essenza divina O “qualità divina”, “divinità”. Questa espressione include tutte le eccellenti qualità del Padre celeste e Dio di Gesù Cristo, qualità che si trovano anche in lui. Il termine originale theòtes, che ricorre solo qui nelle Scritture Greche Cristiane, ha la stessa radice di theòs (“dio”), ma ha un significato diverso. Molti lessici lo definiscono “natura divina”, “divinità”. Nei testi di antichi autori greci il termine era usato per indicare una condizione che poteva essere ottenuta o persa a seguito del comportamento tenuto. Se ne deduce che veniva utilizzato a proposito di esseri creati, e che quindi non è da riferirsi esclusivamente al Dio onnipotente ed eterno, Geova. Ci sono pertanto valide ragioni per intendere theòtes come un riferimento alla natura divina e non a Dio stesso.

voi avete acquisito la pienezza mediante lui Il senso di questa affermazione si comprende dal contesto. Paolo infatti ha già detto che “in [Cristo] sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza” (v. 3). Gesù Cristo ha provveduto ai suoi discepoli tutto quello di cui hanno bisogno per essere “edificati su di lui, saldi nella fede” (vv. 6, 7). Inoltre si legge che Cristo ha liberato i cristiani dal patto della Legge (vv. 13-15), quindi non hanno bisogno della Legge, così come non hanno bisogno di filosofie o tradizioni umane (v. 8). Grazie a Cristo hanno tutto ciò che occorre loro, una preziosa “pienezza” (vv. 10-12).

non con una circoncisione praticata da mani umane Vedi approfondimento a Ro 2:29.

circoncisione [...] del cuore Il concetto di “circoncisione” ricorre in senso figurato sia nelle Scritture Ebraiche che in quelle Greche Cristiane. (Vedi Glossario, “circoncisione”.) Geova richiedeva la “circoncisione [...] del cuore” anche dagli israeliti che erano già circoncisi letteralmente. Secondo una resa letterale, in De 10:16 e 30:6 (vedi ntt.) Mosè disse al popolo di Israele: “Dovete circoncidere il prepuzio dei vostri cuori” e “Geova tuo Dio circonciderà il tuo cuore e il cuore dei tuoi discendenti”. Geremia ricordò la stessa cosa alla nazione caparbia dei suoi giorni (Ger 4:4). “Circoncidere” il cuore significa purificarlo eliminando dai propri pensieri, affetti o motivi tutto quello che è sgradito o impuro agli occhi di Geova e che quindi rende il cuore insensibile alla Sua guida. Anche gli orecchi che sono chiusi e insensibili alla guida di Geova sono definiti “incirconcisi” (Ger 6:10, nt.; vedi approfondimento ad At 7:51).

eravate morti a causa delle vostre colpe Nella Bibbia i concetti di vita e morte vengono usati anche in senso figurato, o spirituale. (Vedi approfondimento a Ef 2:1.) Paolo dice che il precedente modo di vivere dei cristiani di Colosse li aveva resi come “morti a causa delle [loro] colpe”. Spiega però che a quei cristiani unti con lo spirito Geova ha dato vita insieme a Gesù Cristo. Dal momento che si sono pentiti del loro modo di vivere peccaminoso, Dio ha potuto benignamente perdonare tutte le loro colpe sulla base del sacrificio di riscatto di Gesù (Ef 2:5; confronta approfondimenti a Lu 9:60; Gv 5:24, 25).

Lascia che i morti seppelliscano i loro morti Come spiega l’approfondimento a Lu 9:59, molto probabilmente il padre dell’uomo che stava parlando con Gesù era anziano o malato, ma non morto. Quindi Gesù stava evidentemente dicendo: “Lascia che quelli che sono spiritualmente morti seppelliscano i loro morti”; l’uomo non doveva rimandare la decisione di seguire Gesù, dato che a quanto pare c’erano altri familiari che potevano prendersi cura del padre fino alla sua morte. Seguendo Gesù, l’uomo avrebbe imboccato la strada che porta alla vita eterna e non sarebbe stato tra quelli che sono spiritualmente morti dal punto di vista di Dio. Con la sua risposta Gesù fa capire che mettere al primo posto nella propria vita il Regno di Dio e annunciarlo in lungo e in largo è essenziale per rimanere spiritualmente vivi.

è passato dalla morte alla vita Gesù a quanto pare parla di coloro che un tempo erano spiritualmente morti ma che, ascoltando le sue parole, ripongono fede in lui e smettono di camminare nel peccato abbandonando la loro condotta (Ef 2:1, 2, 4-6). Passano “dalla morte alla vita” nel senso che la loro condanna a morte viene revocata e, dal momento che ripongono fede in Dio, viene offerta loro la speranza della vita eterna. Sembra che Gesù si riferisca a coloro che sono spiritualmente morti anche quando, in risposta all’uomo ebreo che vuole andare a casa a seppellire il padre, dice: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti” (Lu 9:60; vedi approfondimenti a Lu 9:60; Gv 5:25).

eravate morti a causa delle vostre colpe e dei vostri peccati Nella Bibbia i concetti di vita e morte vengono usati anche in senso figurato, o spirituale. Paolo dice che il precedente modo di vivere dei cristiani di Efeso li aveva resi come “morti a causa delle [loro] colpe e dei [loro] peccati”. Secondo un lessico, in questo versetto l’uso metaforico del termine greco per “morti” descrive la condizione di una persona che è così carente dal punto di vista morale o spirituale da essere praticamente morta. Paolo però dice che per Geova ora quei cristiani unti con lo spirito sono vivi, dal momento che sulla base del sacrificio di Gesù si sono pentiti del loro precedente modo di vivere peccaminoso (Ef 2:5; Col 2:13; vedi approfondimenti a Lu 9:60; Gv 5:24, 25).

i morti Riferendosi al tempo (l’ora) in cui i morti avrebbero udito la sua voce, Gesù disse: è questo. Quindi poteva intendere solo esseri umani in vita che avevano ereditato il peccato da Adamo ed erano perciò condannati a morire (Ro 5:12). Dal punto di vista di Dio, gli uomini in generale non hanno nessun diritto alla vita perché “il salario” che il peccato paga loro è la morte (Ro 6:23). Ascoltando la “parola” di Gesù e prestandovi attenzione, una persona sarebbe potuta simbolicamente passare “dalla morte alla vita”. (Vedi approfondimento a Gv 5:24.) I verbi “udire” e “ascoltare” sono usati spesso nella Bibbia nel senso di “prestare attenzione” o “ubbidire”.

siano cancellati Il verbo greco qui usato ha il senso di “cancellare qualcosa facendolo sparire”. Nella Bibbia è utilizzato per indicare l’azione di asciugare le lacrime (Ri 7:17; 21:4) e di cancellare un nome dal libro della vita (Ri 3:5). In questo contesto trasmette l’idea di eliminare in modo da non lasciare traccia. Secondo alcuni studiosi il concetto espresso è quello di cancellare qualcosa di scritto. (Confronta Col 2:14, dove compare lo stesso termine greco.)

ha cancellato Vedi approfondimento ad At 3:19.

il documento scritto Cioè la Legge mosaica. Accettando il sangue versato in sacrificio da Gesù, Dio “ha cancellato il documento scritto”, cioè ha abolito il patto della Legge con le sue offerte e i suoi sacrifici. Metaforicamente parlando, Dio ha inchiodato questo documento, o contratto, al palo su cui è morto Gesù. Nel v. 16 Paolo menziona alcuni dei decreti che vennero cancellati. Dice: “Perciò nessuno vi giudichi per quello che mangiate o bevete o riguardo all’osservanza di feste, lune nuove o Sabati”. In Ef 2:15 usa espressioni simili quando dice che Gesù “mediante la sua carne ha abolito la causa dell’inimicizia, la Legge costituita da comandamenti sotto forma di decreti”.

palo di tortura O “palo per l’esecuzione”. (Vedi Glossario.)

Per mezzo d’esso Cioè per mezzo del “palo di tortura” menzionato nel versetto precedente. La morte di Cristo sul palo di tortura non solo rese possibile l’eliminazione del “documento scritto”, il patto della Legge, ma permise anche ai cristiani di essere liberati dalla schiavitù delle sataniche potenze delle tenebre (Col 2:14). L’espressione originale potrebbe anche essere intesa “mediante lui”, cioè mediante Gesù Cristo.

ha spogliato i governi e le autorità Con questa metafora Paolo paragona i governi e le autorità sotto il controllo di Satana ai prigionieri condannati che venivano fatti sfilare a Roma durante un corteo trionfale. (Confronta Ef 6:12.) Spogliati di armi e armatura, venivano scherniti dalle folle che seguivano il corteo. Fonti antiche riferiscono che certi prigionieri, inclusi alcuni monarchi, preferirono suicidarsi piuttosto che sfilare, privati della loro dignità, durante quei cortei. Nella metafora usata qui, Geova, il Vincitore, denuda i nemici sconfitti e li espone al pubblico ludibrio. Paolo ricorre alla metafora del “corteo trionfale” anche in 2Co 2:14-16, usandola però con un significato diverso. (Vedi approfondimento a 2Co 2:14.)

ci conduce in un corteo trionfale Il verbo greco per “condurre in un corteo trionfale” (thriambèuo) compare solo due volte nelle Scritture, con due significati metaforici e in due contesti alquanto diversi tra loro (2Co 2:14; Col 2:15). In epoca romana un corteo trionfale, o trionfo, era una processione ufficiale tenuta per ringraziare le divinità e onorare i generali che avevano riportato una vittoria. Sculture, dipinti e monete ritraevano spesso cortei trionfali, descritti anche in opere letterarie e rappresentati in opere teatrali. Nei grandi pannelli a rilievo dell’Arco di Tito a Roma si può vedere una rappresentazione del corteo trionfale che si tenne nel giugno del 71. In questi pannelli vengono rappresentati dei soldati romani che portano gli utensili e gli arredi sacri presi dal tempio di Gerusalemme che era stato devastato.

riguardo all’osservanza di feste, lune nuove o Sabati Sotto la Legge mosaica, il popolo di Dio doveva celebrare queste ricorrenze speciali. (Vedi approfondimento a Gal 4:10 e Glossario, “Festa dei Pani Azzimi”, “Festa della Dedicazione”, “Festa delle Capanne”, “luna nuova”, “Pentecoste” e “Sabato”.) Secondo alcuni, tutti i cristiani dovevano continuare a osservarle, ma Paolo raccomanda ai fratelli di non prestare loro ascolto e di non farsi condizionare da chi li giudicava per il fatto che osservavano o meno le feste prescritte dalla Legge mosaica, ormai obsoleta.

giorni, mesi, stagioni e anni Qui Paolo si riferisce a ricorrenze speciali che sotto la Legge mosaica il popolo di Dio doveva celebrare. C’erano, ad esempio, i Sabati e gli anni sabbatici (Eso 20:8-10; Le 25:4, 8, 11), le lune nuove (Nu 10:10; 2Cr 2:4), l’annuale Giorno dell’Espiazione (Le 16:29-31), la Pasqua (Eso 12:24-27), la Festa dei Pani Azzimi (Le 23:6), la Festa delle Settimane (Eso 34:22) e la Festa delle Capanne (Le 23:34). Ognuna di queste celebrazioni cadeva in un momento specifico. Alcuni cristiani della Galazia erano stati sotto la Legge mosaica, perciò l’avevano osservata fedelmente per molti anni; quando però erano venuti a conoscenza del sacrificio di riscatto di Cristo, ne avevano accettato con gioia i benefìci, come pure la libertà dalla schiavitù della Legge mosaica (At 13:38, 39). Paolo era giustamente preoccupato per coloro che stavano tornando a essere schiavi della Legge e che celebravano scrupolosamente quelle ricorrenze speciali (Gal 4:11). Questo comportamento rivelava mancanza di fede nel sacrificio di riscatto di Cristo, proprio come nel caso in cui un non ebreo, dopo essere diventato cristiano, fosse tornato a osservare qualche rito legato al suo passato pagano.

Queste cose sono un’ombra di quelle future L’ombra prodotta da un oggetto può dare un’idea generale della forma o del profilo dell’oggetto stesso. È tuttavia temporanea, fugace, rispetto all’oggetto reale che la proietta. È questo che ha in mente Paolo quando spiega che la Legge, incluse le feste, il tabernacolo e i sacrifici, era solo un’ombra che rappresentava cose più grandi e future (Eb 8:5; 9:23-28; 10:1).

In lui sono nascosti Dato l’importante ruolo che Geova Dio ha affidato a suo Figlio nell’attuazione dei suoi propositi, si può dire che tutti i tesori della sapienza e della conoscenza sono nascosti in lui. Il fatto che questa sapienza e questa conoscenza così preziose siano nascoste non vuol dire che siano al di là della comprensione umana. Nello stesso tempo, comunque, per capire il vero significato delle Scritture bisogna esercitare fede in Gesù Cristo quale Figlio di Dio (Mt 13:11). Gli insegnamenti di Gesù aprirono la mente dei suoi discepoli perché potessero imparare meravigliose verità mai comprese prima, come ad esempio il modo in cui la sua vita e il suo ministero adempivano le profezie bibliche (Lu 24:25-27, 32). Gesù inoltre rivelò Dio agli esseri umani aiutandoli a conoscerlo meglio di quanto non l’avessero mai conosciuto (Lu 10:22). Visto che è il suo Figlio primogenito, Gesù conosce il Padre e il suo modo di agire meglio di chiunque altro (Col 1:15, 16, 18).

umiltà Questa qualità è il contrario dell’orgoglio o dell’arroganza. L’umiltà è evidente nel modo in cui una persona considera sé stessa in relazione a Dio e agli altri. Non è indice di debolezza, ma di una condizione mentale che piace a Geova. I cristiani che sono veramente umili riescono a collaborare in modo unito (Ef 4:2; Flp 2:3; Col 3:12; 1Pt 5:5). Il sostantivo greco tapeinofrosỳne, qui tradotto “umiltà”, deriva dal verbo tapeinòo, “rendere basso”, e dal sostantivo frèn, “mente”. Potrebbe quindi essere reso alla lettera “modestia di mente”. Il termine affine tapeinòs è reso “modesto” in Mt 11:29 e “umili” in Gc 4:6; 1Pt 5:5. (Vedi approfondimento a Mt 11:29.)

chi prova piacere nella finta umiltà Qui Paolo mette in guardia dai falsi maestri a cui piaceva fingersi umili. A quanto pare alcuni di loro insistevano nel dire che solo osservando certe forme autoimposte di astinenza si potesse avere il favore di Dio. Ad esempio rinunciavano a beni materiali, si astenevano da certi cibi o osservavano alcune ricorrenze religiose, tutte cose non obbligatorie per i cristiani. Comportandosi così, quella gente poteva anche apparire umile, ma in realtà era “gonfia d’orgoglio” a motivo della propria “mentalità carnale”. Ostentava devozione solo per far colpo sugli altri (Mt 6:1).

finta umiltà Questa espressione traduce un termine greco che significa “umiltà”, “modestia di mente”. Paolo però subito dopo, in questo stesso versetto, aggiunge che i falsi maestri erano pieni di orgoglio, facendo così capire che l’umiltà a cui fa riferimento non era sincera. (Per una spiegazione di cosa comporta la vera umiltà, vedi approfondimento ad At 20:19.)

adorazione Si ritiene che il termine greco qui usato (threskèia) indichi una qualsiasi forma di adorazione, sia essa vera o falsa (At 26:5, nt.). La stessa parola compare in Gc 1:26, dove è tradotta “adorazione”, e in Gc 1:27, dove è tradotta “forma di adorazione” nel testo principale e “religione” nella nota in calce.

adorazione degli angeli Paolo non fornisce dettagli su questo tipo di adorazione. L’espressione greca può essere intesa in più di un modo. Forse si riferisce al fatto che a Colosse alcuni cercavano di riprodurre l’adorazione che pensavano fosse resa dagli angeli, di imitarne l’atteggiamento riverente. Oppure si riferisce al fatto che alcuni adoravano proprio gli angeli, magari invocandone l’aiuto o la protezione. Ci sono prove attestanti che, in periodi successivi a questa lettera, nella zona di Colosse si praticava il culto degli angeli, sia nelle religioni cosiddette cristiane che in quelle pagane. Nel IV secolo, a Laodicea le autorità ecclesiastiche condannarono questo culto, che però continuò a esistere per almeno un altro secolo. In ogni caso, gli angeli leali a Geova rifiutano di farsi adorare (Ri 19:10; 22:8, 9). Qui in Col 2:18 Paolo dice che questa adorazione era spesso accompagnata da “finta umiltà”. (Vedi l’approfondimento finta umiltà in questo versetto.) Adorare degli esseri creati priverebbe il cristiano del premio della vita eterna. (Confronta Mt 4:10; Ro 1:25.)

insiste sulle cose che ha visto A quanto pare qui Paolo descrive l’atteggiamento adottato da alcuni falsi maestri. Il verbo originale tradotto “insistere” (lett. “mettere piede in”) potrebbe indicare che questi maestri entravano nei dettagli di ciò che sostenevano di aver visto. Forse Paolo allude a riti di iniziazione a culti segreti o a visioni che quei falsi maestri dicevano di aver avuto. In ogni caso, sembra che costoro ritenessero la propria sapienza superiore a quella dei loro fratelli cristiani. Su di essa basavano la propria autorità. Insistevano sul fatto che la congregazione potesse ricevere guida da fonti di conoscenza e sapienza diverse dal Figlio di Dio. Per questo Paolo si sente spinto a dare consigli. (Vedi approfondimento a Col 2:3.)

tutto il corpo Cioè la congregazione dei cristiani unti con lo spirito. Gesù Cristo fornisce al corpo quello di cui ha bisogno tramite “giunture e legamenti”, ovvero le disposizioni prese per distribuire cibo spirituale, per comunicare all’interno della congregazione e per coordinarne le varie attività. In questo modo “il corpo” è ben nutrito spiritualmente, e ogni sua parte riceve le indicazioni necessarie per svolgere l’incarico ricevuto (Ef 4:7-16; vedi approfondimento a Ef 4:16).

tenuto armoniosamente insieme Vedi approfondimento a Ef 4:16.

mediante giunture e legamenti Il corpo umano è tenuto insieme da grandi giunture, o articolazioni principali. Ha anche dei “legamenti”, formazioni di tessuto fibroso che tengono unite le ossa o mantengono al proprio posto gli organi. Secondo alcuni studiosi, questo uso di termini medici potrebbe in parte essere attribuito al fatto che, quando la lettera ai Colossesi fu scritta, con Paolo c’era Luca, “l’amato medico” (Col 4:14). Il termine qui reso “legamenti” (sỳndesmos) è usato in senso metaforico anche in Ef 4:3 (“vincolo”) e Col 3:14 (“legame che unisce”).

è armoniosamente unito Paolo usa un verbo greco che in questo contesto sottolinea l’armonia che contraddistingue il corpo umano, benché costituito da molte membra diverse. Ogni singola parte che lo compone contribuisce al suo benessere. In modo simile i cristiani nella congregazione collaborano insieme sotto la guida del loro capo, Cristo (Ef 1:22, 23; 4:4, 15). Quando tutti cooperano in armonia, continuando a seguire la guida di Cristo, la congregazione cresce spiritualmente e conserva l’amore che la caratterizza (1Co 12:14-27; Col 2:19; 3:14). Paolo usa lo stesso verbo greco in Ef 2:21 (vedi approfondimento), dove parla della congregazione come di un edificio “con le sue parti ben collegate”.

ogni giuntura Il corpo umano è tenuto insieme da grandi giunture, o articolazioni principali. “Con l’apporto di ogni giuntura” del corpo (la congregazione cristiana degli unti), Gesù Cristo fornisce alle varie membra quello di cui hanno bisogno. Lo fa attraverso le disposizioni prese per distribuire cibo spirituale, per comunicare all’interno della congregazione e per coordinarne le varie attività. In questo modo “il corpo” è ben nutrito spiritualmente, e ogni sua parte riceve le indicazioni necessarie per svolgere l’incarico ricevuto (Ef 4:7-16; vedi approfondimento a Col 2:19). Il termine usato da Paolo per “giuntura” era comunemente usato dai medici del suo tempo. Scoperte archeologiche attestano la presenza di una scuola di medicina a Efeso, e fu forse per questo motivo che Paolo ricorse all’analogia con il corpo umano.

questa autoimposta forma di adorazione Lett. “culto arbitrario”, “culto liberamente scelto”. Questa espressione traduce una parola greca che, usando termini moderni, un lessico definisce “religione fai da te”, “religione fatta a proprio piacimento”.

combattere i desideri della carne Qui Paolo spiega che per il cristiano il digiuno e l’osservanza di altri “decreti” autoimposti (Col 2:16, 20, 21) non sono modi efficaci per contrastare i desideri carnali, sbagliati, così come una vita di privazioni non rende una persona più spirituale. È vero che nei tempi biblici i servitori di Dio furono disposti a soffrire piuttosto che rinunciare alla propria integrità (Eb 11:35-38). Però le Scritture non promuovono l’idea di procurarsi sofferenze fini a sé stesse o come mezzo di crescita spirituale. La vera spiritualità si raggiunge studiando e mettendo in pratica la Parola di Dio ed esercitando fede nel riscatto di Cristo (Ro 3:23, 24; 2Tm 3:16, 17).

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L’Arco di Tito a Roma
L’Arco di Tito a Roma

La foto a sinistra mostra uno scorcio del foro romano con l’Arco di Tito. Questo arco di trionfo fu costruito per commemorare la vittoria che nel 70 il generale Tito riportò su Gerusalemme e sulla Giudea. Nel giugno del 71 Tito e suo padre, l’imperatore Vespasiano, celebrarono questa vittoria nella capitale dell’impero. Nel 79 Tito prese il posto di Vespasiano, ma due anni dopo morì improvvisamente. Di lì a poco questo arco fu eretto in suo onore. Ai lati del passaggio dell’arco si possono osservare due rilievi, in origine dipinti con colori molto accesi, che rappresentano il corteo trionfale di Tito. Su un lato (1) sono raffigurati soldati romani che trasportano gli utensili sacri saccheggiati nel tempio di Gerusalemme. Tra le spoglie sono chiaramente visibili la menorah (il candelabro a sette bracci) e la tavola del pane di presentazione, su cui si trovano le trombe sacre. Sull’altro lato (2) è raffigurato Tito trionfante, in piedi su un carro trainato da quattro cavalli. Quando in due delle sue lettere Paolo ricorre all’esempio del “corteo trionfale” si rifà a scene come quelle di questi rilievi (2Co 2:14; Col 2:15). I destinatari delle sue epistole sapevano bene cosa fossero i cortei trionfali. In quel periodo queste cerimonie pubbliche erano autorizzate dall’imperatore o dalla sua famiglia. L’Arco di Tito conferma l’adempimento della profezia di Gesù secondo cui Gerusalemme sarebbe stata catturata e i suoi abitanti fatti prigionieri (Lu 21:24).